Fino ad alcuni anni orsono, e ancora oggi benché più raramente, gli addetti ai lavori riferendosi al branco misto uomo-cane parlavano di dominanza, di sottomissione, del ruolo del capobranco. Il concetto era chiaro e semplice: il cane è un animale da branco che discende dal lupo e che ha mantenuto aspetti sociali e comportamentali tipici del suo progenitore, come ad esempio eleggere un capobranco, il soggetto più forte del gruppo, al quale riconoscere dei privilegi sociali. Anche gli aspetti gerarchici prendevano spunto da quelli lupini e venivano considerati piramidali. Pertanto esperti e presunti tali indottrinavano sulla necessità che l’umano assumesse il ruolo di capobranco nei confronti del cane e che esercitasse tale ruolo in modo autoritario, con il ricorso alla forza fisica se necessario.
Oggi le teorie sono fortunatamente cambiate, innanzitutto perché gli studi sull’etologia del lupo hanno permesso di far chiarezza sul ruolo del capobranco, che non è il soggetto che sottomette tutti gli altri bensì colui al quale gli altri si sottomettono in quanto lo considerano all’unanimità più intelligente e più equilibrato; in secondo luogo perché le gerarchie non sono più ritenute piramidali ma “circolari” e per certi aspetti mutevoli a seconda delle situazioni. Non dobbiamo poi dimenticare che il cane, ormai, vive raramente in un branco di suoi conspecifici e se lo fa è sempre influenzato dalla presenza umana.
La figura e il ruolo del leader sono caratteristici di quasi tutte le specie animali che tendono a riunirsi in branchi o gruppi sociali. Non fa eccezione la specie umana, nella quale la leadership è individuabile in tutti i contesti sociali, in particolare quello famigliare, quello lavorativo e quello politico.
Vediamo di tracciare la figura del leader: un buon leader è autorevole ovvero gode del rispetto e della fiducia, è credibile vale a dire che trasmette costantemente segnali attendibili, è presente nel senso che prende parte attivamente alla vita dell’altro, è regolante cioè è in grado di “contenere” l’altro attraverso permessi e divieti, è empatico nel senso che riesce a sintonizzarsi e immedesimarsi nelle emozioni dell’altro.
Una figura con tali caratteristiche è in grado di garantire un quadro relazionale uomo-cane estremamente equilibrato ma soprattutto rilassante. Studi recenti da parte delle neuroscienze, la disciplina che indaga il sistema nervoso nei suoi vari aspetti, dimostrano come nei cuccioli che vivono ambienti famigliari dove c’è una buona empatia e sono in atto regole coerenti, il sistema nervoso produca in maggiore quantità ormoni della calma e del benessere (ossitocina, serotonina, dopamina) mentre nei cuccioli cresciuti senza regole e senza empatia il cervello produce troppo cortisolo, l’ormone dello stress e dell’ansia; e proprio l’eccesso di cortisolo è responsabile della sindrome da iper-attività/iper-sensibilità nel cane, disturbo che colpisce una buona percentuale di cuccioli in accrescimento.
Il buon leader, quindi, è un “educatore emotivo” che opera attraverso i principi del contenimento e dell’accoglienza. Grazie alle regole, il leader insegna quali sono i comportamenti che il cane deve tenere per raggiungere gli obiettivi desiderati e qual è la maniera corretta di relazionarsi con gli umani; attraverso l’accoglienza il leader si dimostra capace di quella comprensione empatica che rafforza nel cane la calma e la sicurezza di sé.
Per diventare dei buoni leader all’interno del branco famigliare dobbiamo essere necessariamente dei coerenti “gestori delle risorse sociali”. E nel prossimo articolo ci occuperemo di questo interessante argomento!